Istanza di verificazione e querela di falso: differenze.

Istanza di verificazione e querela di falso: quando si utilizzano e a cosa servono.

L’istanza di verificazione e la querela di falso sono due istituti disciplinati dal codice di procedura civile. Vediamo di cosa si tratta nello specifico.

La scrittura privata snellisce il procedimento di accordo tra privati, essendo sufficiente che gli stessi mettano per iscritto i propri interessi e li sottoscrivano. Tuttavia, non è tutto oro ciò che luccica: dal punto di vista probatorio, la scrittura privata semplice è più debole della scrittura privata autenticata (articolo 2703 c.c.)  e, anche quest’ultima, può essere messa in discussione.

Secondo il nostro ordinamento (ai sensi dell’articolo 2702 del codice civile), la scrittura privata fa piena prova, fino a querela di falso, circa la provenienza delle dichiarazioni da parte di colui che l’ha sottoscritta, o comunque se colui contro il quale è prodotta ne riconosce la sottoscrizione.

Da ciò si deduce che esistono ben due modi, concessi dall’ordinamento, che consentono di contestare l’efficacia di una scrittura privata, intaccandola esattamente sull’elemento essenziale su cui poggia l’istituto, ossia sulla sottoscrizione.

La legge, quindi, tiene in considerazione una ben famosa frase di Omero “Per me odioso, come le porte dell’Ade, è l’uomo che occulta una cosa nel suo seno e ne dice un’altra” presumendo, che una delle due parti, sia stata disonesta.

Ma, perché chiedere un’istanza di verificazione? Cos’è la querela di falso? Quando si possono utilizzare questi istituti?

Se vuoi conoscere quando possono essere esperite l’istanza di verificazione e la querela di falso allora continua a leggere l’articolo:

L’istanza di verificazione (art. 216 c.p.c.)

L’istanza di verificazione, è prevista dall’articolo 216 del codice di procedura civile che testualmente recita “La parte che intende valersi della scrittura disconosciuta deve chiederne la verificazione, proponendo i mezzi di prova che ritiene utili e producendo o indicando le scritture che possono servire di comparazione. L’istanza per la verificazione può anche proporsi in via principale con citazione, quando la parte dimostra di avervi interesse; ma se il convenuto riconosce la scrittura, le spese sono poste a carico dell’attore.”

Presupposto per l’istanza di verificazione, è un previo disconoscimento della scrittura privata, ovviamente, si parla della scrittura privata semplice e non di quella autenticata da un pubblico ufficiale (la quale non può essere oggetto di disconoscimento).

Ma quando richiedere l’istanza di verificazione? Si pensi, ad esempio, che all’interno di una scrittura privata (da lui sottoscritta) il debitore riconosca di avere un debito nei confronti del suo creditore e inserisca un termine per l’adempimento, poi, al designato momento dell’adempimento, il debitore disconosce la sua firma. Che mezzi ha allora il creditore per tutelarsi? Innanzi tutto rintracciarlo, ove lo stesso si sia reso latitante, chiedendo una rintraccio debitori. Dopo averlo rintracciato, e esperito il disconoscimento della scrittura, il creditore può richiedere in giudizio sia in via principale, sia in via incidentale, una istanza di verificazione, volta ad accertare la paternità della scrittura privata da parte del sottoscrittore che l’ ha disconosciuta.

Per farlo, ai sensi dell’articolo 219 c.c., può proporre tutti i mezzi di prova che consideri utili ai fini del riconoscimento, ad esempio, esibendo altre scritture al fine di compararle con quella in oggetto. Laddove lo ritenga utile, anche il giudice stesso può disporre che il sottoscrittore firmi in sua presenza e, se lo stesso si rifiuta, la scrittura si intende riconosciuta.

È necessario tuttavia dare rilevo una recente pronuncia giurisprudenziale, ed esattamente alla sentenza n. 16383/2017 della Corte di Cassazione.

La Suprema Corte ha stabilito che, l’istanza di verificazione della scrittura privata disconosciuta, non deve necessariamente essere esplicita; secondo questo orientamento, se durante il procedimento di disconoscimento l’altra parte insiste affinché tale firma sia riconosciuta, questo di per sé implicherebbe un’istanza di verificazione implicita. Pertanto, senza troppi formalismi, l’interessato potrebbe in sede di giudizio produrre anche delle semplici prove testimoniali o altre scritture, senza necessariamente ricorrere a una consulenza tecnica esterna. In base all’esito del giudizio la scrittura sarà riconosciuta o meno.

La ratio di tale disciplina, risiede nell’esigenza di accertamento circa l’autenticità di un documento da utilizzare come prova in un procedimento.

La querela di falso, cos’è e come funziona.

Altro strumento utilizzato dall’ordinamento, è la querela di falso, disciplinato dagli articoli 221 e seguenti del codice di procedura civile. L’articolo 221 c.p.c. recita” La querela di falso può proporsi tanto in via principale quanto in corso di causa in qualunque stato e grado di giudizio, finché la verità del documento non sia stata accertata con sentenza passata in giudicato. La querela deve contenere, a pena di nullità, l’indicazione degli elementi e delle prove della falsità, e deve essere proposta personalmente dalla parte oppure a mezzo di procuratore speciale, con atto di citazione o con dichiarazione da unirsi al verbale d’udienza.”.

La querela di falso, invece, è utilizzata al fine di accertare la falsificazione di un documento, sia questo atto pubblico o scrittura privata riconosciuta. Tende, quindi, ad accertare o dichiarare la falsità di un atto la cui paternità sia già stata riconosciuta, o espressamente o tacitamente. L’azione può essere esperita in via incidentale o principale.

Poniamo il caso che il famoso debitore (di cui sopra), che aveva sottoscritto il riconoscimento del debito, in realtà non sia effettivamente in debito del credito oggetto della scrittura privata, ma lo sia invece di un’ altra obbligazione (non menzionata nella scrittura privata).

In tal caso, dopo che il creditore abbia agito mediante istanza di verificazione e abbia vinto, il debitore può far valere le sue ragioni, servendosi della querela di falso. In questo caso l’azione è esperita in via incidentale.

Se invece poniamo il caso più semplice di un assegno firmato da un impostore apponendo una firma falsa, colui che è stato frodato, può agire direttamente ricorrendo alla querela di falso. In questo caso l’azione è esperita in via principale.

La querela deve indicare gli elementi e le prove dalla presunta falsità; a tal proposito è necessario fare una piccola disamina sul concetto di falsità per il quale è possibile ricorre all’azione suddetta:

· Falsità materiale: attiene al documento cartaceo (es. diverso da quello firmato, contraffatto);

· Falsità ideologica: attiene al contenuto del documento che deve però, essere legato anche alla falsità del documento estrinseco (es. notaio che afferma falsamente che un atto è stato firmato davanti a lui).

Ai sensi dell’articolo 226 c.p.c., il collegio deciderà se rigettare la querela o accertare la falsità del documento.

In conclusione, secondo la Corte di Cassazione n. 27352/2014 “La querela di falso postula l’esistenza di una scrittura privata riconosciuta, della quale si intende eliminare l’efficacia probatoria erga omnes e non nei soli riguardi della controparte.”

La ratio di tale istituto, è quella di evitare che il giudice decida su una controversia basandosi su documenti falsi.

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Dott.ssa Martina Cardia

 

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