Pignoramento Esattoriale: Nullità Se Non Viene Specificato il Credito Per Cui Si Procede
Il pignoramento esattoriale disciplinato dall’art. 72 bis d.p.r. 602/1973 è nullo se nel relativo atto non viene specificato il credito per il quale si sta procedendo.
E’ quanto emerge dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 26519 del 09 novembre 2017, che ha affrontato la questione della corretta formulazione e notificazione dell’atto di pignoramento esattoriale.
E’ bene precisare che il pignoramento esattoriale è l’atto eseguito dall’agente di riscossione ai sensi dell’art. 72-bis d.P.R. n. 602 del 1973 in sede di esecuzione esattoriale, al fine della riscossione coattiva di crediti relativi a cartelle di pagamento.
Occorre evidenziare che tale normativa disciplina una forma speciale e più celere di pignoramento esattoriale che può essere azionata dall’agente della riscossione, in alternativa all’espropriazione forzata prevista dall’art. 543 c.p.c.
Infatti con il pignoramento esattoriale, chiamato anche pignoramento diretto, l’agenzia di riscossione ordina direttamente al terzo di corrispondergli le somme dovute al debitore entro un termine di 60 giorni. La procedura dunque è ovviamente più veloce delll’espropriazione forzata presso terzi prevista dall’art. 543 in cui invece è necessario citare debitore e terzo innanzi al Tribunale competente, instaurando così un procedimento giudiziale indubbiamente più lungo. E’ chiaro che in questi casi, per procedere con il pignoramento pressi terzi è sempre indispensabile conoscere il patrimonio del debitore, rintracciando ad esempio un eventuale conto corrente o conti deposito, per effettuare il pignoramento presso la banca.
La vicenda sottoposta all’esame della Cassazione riguarda proprio un caso di pignoramento esattoriale presso terzi eseguito da Equitalia nella forma veloce prevista dall’art.72-bis d.P.R. n. 602 del 1973 per il recupero di un credito dovuto da un’Azienda Sanitaria Locale.
Il tribunale di primo grado accoglieva l’opposizione agli atti esecutivi formulata dall’azienda sanitaria sulla base che l’atto di pignoramento esattoriale impugnato non conteneva indicazione dei crediti a cui faceva riferimento.
Il tribunale aveva rilevato che come correttamente lamentato dall’azienda sanitaria, al pignoramento presso terzi ex art. 72-bis d.P.R. n. 602/1973 si applica il disposto dell’art. 543, secondo comma, n. l, cod. proc. civ., secondo cui l’atto debba contenere l’indicazione del credito per cui si procede.
In particolare ad avviso dei giudici l’atto di pignoramento deve contenere il riferimento alla cartella di pagamento ed eventualmente all’avviso di mora, i quali informano il debitore sulla fonte e natura del credito per cui si procede a riscossione.
Nel caso concreto, non vi era prova invece che con l’atto di pignoramento, Equitalia avesse notificato anche le relative cartelle di pagamento.
I giudici di primo grado rilevano che in effetti l’elenco delle cartelle di pagamento si trovava materialmente spillato all’atto di pignoramento presso terzi, ma non vi era alcuna prova che tale elenco facesse effettivamente parte dell’atto di pignoramento, così come notificato all’azienda sanitaria. Mancava infatti un segno che desse prova di tale effettiva unione, come ad esempio un timbro di unione. Inoltre l’elenco conteneva una data apparente posteriore all’atto di pignoramento.
Equitalia contro la sentenza di primo grado ha proposto ricorso speciale ai sensi dell’art. 111 Cost.
In primo luogo Equitalia sostiene che non può essere messa in discussione l’effettiva allegazione, all’atto di pignoramento, dell’elenco delle cartelle di pagamento per cui si procede in quanto si tratta di atti accertati dal pubblico ufficiale che godono della fede privilegiata.
Equitalia dunque ritiene che la fede privigilegiata doveva essere riferita all’attestazione del responsabile della procedura, relativa all’allegazione allo stesso dell’elenco delle cartelle di pagamento.
La Corte di Cassazione ritiene tale doglianza infondata in quanto l’atto di pignoramento non può essere equiparato agli atti pubblici e dunque non gode della fede privilegiata di cui agli art. 2699 e 2700 del codice civile.
I giudici di Cassazione infatti spiegano che l’atto di pignoramento presso terzi, anche quando è predisposto nelle forme previste dall’art. 72-bis d.P.R. n. 602 del 1973, e quindi quando viene proposto durante l’esecuzione esattoriale, ha la natura di atto esecutivo e dunque, di atto processuale di parte.
I giudici spiegano che la cosiddetta fidefacienza di cui all’art. 2700 cod. civ. è riservata ai soli atti pubblici,e quindi il pignoramento esattoriale eseguito dall’agente di riscossione non può avere piena fede, fino a querela di falso, dell’attività compiuta per la sua redazione, inclusa l’effettiva allegazione dei documenti ivi menzionati.
La doglianza di Equitalia si fondava su un presupposto errato, ossia che l’ufficiale di riscossione rivestisse il ruolo di ufficiale giudiziario e quindi di pubblico ufficiale dotato dei poteri di fidefacienza previsti dagli artt. 2699 e 2700 cod. civ..
La corte di Cassazione spiega che in realtà nel procedimento di esecuzione esattoriale, l’ufficiale di riscossione agisce come ufficiale giudiziario, godendo dei poteri di fidefacienza, solo relativamente alla notificazione dell’atto di pignoramento, mentre agisce come operatore privato ed è quindi sprovvisto dei citati poteri, per la stesura dell’atto medesimo.
Ciò in quanto solo la notificazione dell’atto di pignoramento costituisce funzione tipica dell’ufficiale giudiziario, sicché all’agente di riscossione che ad esso si sostituisce vanno riconosciuti gli stessi poteri. Al contrario la stesura dell’atto medesimo, non rientra fra le attribuzioni dell’ufficiale giudiziario, ma costituisce un atto di parte.
Da tali chiarimenti forniti dalla Cassazione si evidenzia dunque che il contenuto dell’atto di pignoramento presso terzi predisposto dall’ufficiale di riscossione non gode di alcuna presunzione di veridicità fino a querela di falso: “L’atto di pignoramento presso terzi eseguito dall’agente di riscossione ai sensi dell’art. 72-bis d.P.R. n. 602 del 1973 in sede di esecuzione esattoriale, sebbene preordinato alla riscossione coattiva di crediti erariali, non acquisisce per ciò stesso la natura di atto pubblico, ai sensi e per gli effetti degli artt. 2699 e 2700 cod. civ., conservando invece quella di atto processuale di parte. Consegue che l’attestazione ivi contenuta delle attività svolte dal funzionario che ha materialmente predisposto l’atto (nella specie, concernente l’allegazione di un elenco contenente l’indicazione delle cartelle di pagamento relative ai crediti posti in riscossione) non è assistita da fede pubblica e non fa piena prova fino a querela di falso, a differenza di guanto avviene quando l’agente di riscossione esercita – ex art. 49, comma 3, d.P.R. n. 602 del 1973 – le funzioni proprie dell’ufficiale giudiziario, ad esempio notificando il medesimo atto“.
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Avv. Paola Zarzaca