Il Divieto di patti successori, art 458 del codice civile.
L’articolo 458 c.c. il divieto di patti successori: Cos’è un patto successorio? Perché il nostro ordinamento vieta espressamente il patto successorio?
Prima di parlare del divieto di patti successori dobbiamo ricordare che l’articolo 157 c.c. dispone che la successione, nel nostro ordinamento, avviene o per legge o per testamento. Non è dunque consentito istituirla in altro modo.
“Solo perché possiedi qualcosa, non sei obbligato a tramandarla. Privarsi delle cose, a volte, può restituire spazio vitale” (cit. Edmund de Waal); questa frase sintetizza la ratio del divieto di patti successori.
Eppure, se il de cuius ha diritto di disporre dei suoi beni tramite testamento fino al momento della propria morte, perché non consentire ad un padre di disporre della sua successione a favore del figlio già in vita? Perché non mettersi d’accordo prima facendo un patto? Perché non consentire un patto successorio? Qual è la ratio del divieto di patti successori?
Innanzi tutto occorre capire cosa siano i patti successori.
Se sei interessato all’argomento non ti resta che continuare a leggere questo articolo in cui viene definito il patto successorio e perché lo stesso è vietato dalla legge.
Cos’è il patto successorio?
E’ un accordo tra due parti che decidono di disporre della successione di un soggetto ancora in vita.
Dunque, siamo nella fase precedente all’apertura di una successione.
Esistono tre tipi di patti successori:
- Patti successori istitutivi o constitutivi: patti con cui le parti (entrambi in vita) decidono che uno di essi sarà istituito erede della successione, o comunque che gli spetterà una disposizione testamentaria in suo favore;
- Patti successori dispositivi o pacta corvina: con cui un soggetto dispone in favore di altri (terzi), di una successione non ancora aperta ( il de cuis è ancora in vita);
- Patti successori rinunciativi abdicativi: in cui una delle due parti (futuro erede), rinuncia a una successione non ancora aperta (il de cuius è ancora in vita).
I suddetti patti, secondo la dottrina prevalente, possono avere efficacia reale o obbligatoria:
- reale se le disposizioni inserite nel patto hanno efficacia immediata, ovvero sono attuabili da subito;
- obbligatoria se invece producono l’obbligo in capo ad uno dei due soggetti, di dare esecuzione (al momento dell’apertura della successione) alla disposizione dettata dal de cuis quando era ancora in vita.
Perché esiste il divieto di patti successori?
L’articolo 458 c.c. prevede la nullità di qualsiasi patto successorio mendiate il quale un soggetto disponga della propria successione anzitempo, o rinunci a diritti di un’eredità non ancora maturata.
E precisamente l’articolo recita: “E’ nulla (Cod. Civ. 1418) ogni convenzione con cui taluno dispone della propria successione (Cod. Civ. 679, 1412, 1920, 2122 4° comma). E’ del pari nullo ogni atto col quale taluno dispone dei diritti che gli possono spettare su una successione non ancora aperta, o rinunzia ai medesimi (Cod. Civ. 557 2° comma, 2823).”
La ratio di tale divieto potrebbe essere sintetizzata con una semplice frase latina “viventis non datur hereditas” ovvero “non si può trasferire l’eredità di chi sia ancora vivo”.
Questo è un principio generale che non può essere leso poiché espressione di un altro principio fondamentale, ovvero, la piena libertà di testatore di disporre dei propri beni fino alla sua morte. Lo scopo è quello di non vincolare il testatore ad impegni o obblighi fino alla propria morte; in parole povere gli si lascia la possibilità di cambiare idea fino all’ultimo.
(N.B. senza ledere la quota legittima spettante agli eredi).
Va da sé ,allora, che patti successori non possono trovare spazio nel nostro ordinamento e precisamente:
- Patti successori istitutivi o constitutivi: poiché vincolano il testatore a un accordo bilaterale non revocabile, quindi, non consentono al testatore di cambiare idea;
- Patti successori dispositivi o pacta corvina: poiché non si può disporre di diritti di cui non si è titolari, a maggior ragione perché depauperano il testatore ancora in vita il quale potrebbe disporne diversamente;
- Patti successori rinunciativi abdicativi: poiché non si possono estinguere i diritti di una successione non ancora aperta, in quanto anche in questo caso tali diritti non sono ancora stati acquisiti e il testatore essendo in vita potrebbe disporne diversamente.
In sostanza, il legislatore vuole evitare di creare un “vinculum iuris” in cui l’adempimento sia rappresentato dalla disposizione ereditaria (Cass. Civ. n. 24450/2009).
Un’altra ragione per cui sono nulli i patti successori, è la delazione successoria, infatti, per legge, la successione può essere soltanto o legittima o testamentaria, non è dunque possibile crearne un tertium genus di natura “pattizia”.
Possono considerarsi deroghe al divieto previsto dall’articolo 458 c.c. :
- · Il patto di famiglia previsto dall’articolo 768 bis c.c., che consente all’imprenditore di trasferire la propria azienda ai suoi discendenti. Essendo espressamente disciplinato dalla legge è contratto tipico (anche se non tutta la dottrina è d’accordo);
- · L’assicurazione a favore di un terzo prevista dall’articolo 1920 c.c., che rende possibile designare il beneficiario di un’assicurazione sulla vita mediante testamento per atto inter vivos (atto tra vivi);
- · I beni pervenuti da successione ereditaria ai sensi del combinato disposto ex artt. 210 e 179 del codice civile, possono cadere in comunione se i coniugi decidono di inserirli all’interno della comunione legale(specificato nell’atto di matrimonio).
Se sorge il dubbio sull’esistenza di un patto successorio istituito prima dell’apertura della successione, l’erede o l’interessato potrà sempre richiedere un certificato di morte al fine di accertarsi sulla data effettiva della morte del de cuis, ed eventualmente capire se è stato posto in essere un patto successorio (convenzione stipulata prima della sua morte). Si ricorda che il certificato di morte si richiede nel comune di ultima residenza del de cuius o in alternativa nel comune dove è avvenuto il decesso.
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Dott.ssa Martina Cardia
Una domanda: Se PRIMA di un divorzio un soggetto trasferisce la nuda proprietà di tutto o di parte del suo patrimonio immobiliare ai propri figli, mantenendo per se l’usufrutto degli immobili ci sono problemi?
E se dopo il divorzio si contrae un nuovo matrimonio ai figli, che hanno avuto in precedenza la nuda proprietà, potranno essere trasferiti il pieno possesso degli immobili atteso che l’usufrutto cessa con la morte dell’usufruttuario?
In buona sostanza l’usufrutto entra nell’asse ereditario del nuovo matrimonio?
Mi piacerebbe sapere, una donazione fatta quando si è in vita e valida?