Rapporti patrimoniali tra coniugi: comunione legale, separazione dei beni.
I rapporti patrimoniali tra coniugi sono regolati in maniera differente rispetto al regime patrimoniale da loro scelto: comunione legale o separazione dei beni.
In questo articolo analizzeremo i rapporti patrimoniali tra coniugi e come sono disciplinati dalle legge italiana. Se vuoi conoscere i diritti e doveri dei coniugi può leggero questo post.
“Nessuna donna fa un matrimonio d’interesse: tutte hanno l’accortezza, prima di sposare un milionario, d’innamorarsene.” Cesare Pavese.
Certamente un luogo comune la citazione di Pavese, eppure, non tutti tendono a pensarla in questo modo. Sembra che, ai giorni nostri, il denaro sia un fattore estremamente rilevante anche in un’ottica romantica come quella del matrimonio.
Pertanto, il diritto vivente concede, anche agli sposi, la scelta del regime patrimoniale che i coniugi intendono attuare durante il matrimonio.
I rapporti patrimoniali tra coniugi possono essere regolati o dall’istituto della comunione legale o da quello della separazione dei beni (salvo convenzioni matrimoniali o fondo patrimoniale).
La differenza fra i vari regimi è importante sia per la vita della coppia, che per eventuali terzi che intrattengono rapporti patrimoniali con uno o entrambi i coniugi.
Quando viene scelto il regime patrimoniale tra coniugi?
Innanzi tutto, il regime patrimoniale tra coniugi, è quell’insieme di regole giuridiche che regolano i rapporti patrimoniali tra marito e moglie.
Ai sensi dell’articolo 159 c.c. (salvo diversa convenzione), il regime che si instaura in maniera automatica al momento della celebrazione del matrimonio è quello della comunione legale.
Pertanto, se nell’atto di matrimonio, debitamente compilato durante la cerimonia, non viene specificato diversamente, gli sposi seguiranno il regime patrimoniale automatico.
In cosa consiste la comunione legale tra i coniugi?
L’istituto della comunione legale tra i coniugi prevede, genericamente, che gli acquisti fatti dopo il matrimonio appartengano in comproprietà al marito e alla moglie.
In particolare, vi sono beni che costituiscono “comunione immediata” cioè, che appena acquistati, diventano di proprietà (in egual misura) di entrambi i coniugi.
Detti beni, sono amministrati sia dal marito che dalla moglie. Gli atti di disposizione dei beni possono essere compiuti disgiuntamente per gli atti di ordinaria amministrazione e congiuntamente per gli atti di straordinaria amministrazione. Ai sensi dell’articolo 177 c.c. i beni che ricadono automaticamente in comunione sono:
- acquisti compiuti dal marito o dalla moglie dopo il matrimonio;
- aziende costituite e gestite da entrambi i coniugi dopo il matrimonio;
- utili ed incrementi di un’azienda di proprietà del marito o della moglie ma gestita da ambedue;
- frutti di beni propri gestiti dai coniugi (risparmi).
Tuttavia, è necessario chiarire, che non tutti i beni rientrano all’interno della comunione legale. L’articolo 179 c.c. elenca, tassativamente, i beni che sono esclusi dalla comunione.
Questi, sono i c.d. beni personali, che per via del titolo d’acquisto, di una peculiare destinazione o funzione, o per via della data in cui sono stati acquistati, restano di proprietà esclusiva del marito/moglie. E specificatamente sono:
- beni di cui il coniuge era proprietario prima del matrimonio o beni di cui era titolare di un diritto reale di godimento;
- beni acquistati per successione o per donazione (salvo non sia espressamente dichiarato che debbano rientrare nella comunione);
- beni di uso strettamente personale;
- beni che servono all’esercizio della professione (ad eccezione di quelli destinati ad una azienda gestita da entrambi i coniugi);
- beni ottenuti a titolo di risarcimento danni o pensione per la perdita totale o parziale della capacità lavorativa;
- beni acquistati con il prezzo del trasferimento di altri beni personali o con il loro scambio, purché ciò sia espressamente dichiarato nell’atto di acquisto.
Essendo beni che restano della proprietà esclusiva del singolo coniuge, saranno amministrati soltanto dallo stesso, di conseguenza, l’altro, non ne potrà disporre.
Quest’effetto, tuttavia, si può comunque ottenere ricorrendo all’istituto giuridico della separazione dei beni.
Cos’è la separazione dei beni e come si ottiene
In base all’articolo 159 c.c., è possibile per i coniugi cambiare il regime patrimoniale prescelto ex lege, ciò avviene nel momento in cui gli sposi, al termine della cerimonia (sia essa civile o canonica), nell’atto di matrimonio inseriscono il regime patrimoniale da loro scelto e, in questo caso, specificano che attueranno il regime di separazione dei beni.
Questa scelta, non sarà irreversibile: nel caso in cui marito e moglie non abbiano specificato alcunché in merito, potranno comunque riparare con un atto successivo alla celebrazione delle nozze, in cui, davanti ad un notaio, dichiarano di voler modificare il regime patrimoniale da comunione legale e separazione dei beni, ciò sarà poi annotato anche nel certificato di matrimonio.
L’istituto della separazione dei beni è disciplinato nel codice civile dall’articolo 215 all’articolo 219 del codice civile.
Di fatto, permette ai coniugi di restare proprietari esclusivi dei propri beni anche dopo la celebrazione del matrimonio. Quindi, l’amministrazione dei beni resta in capo a ciascun coniuge, a meno che l’altro non abbia una particolare procura che gli consenta di effettuare alcune azioni.
Attuare il regime di separazione dei beni, non significa che marito e moglie non possano essere contitolari di uno o più beni: infatti, gli stessi possono decidere tranquillamente di acquistare un bene a metà ed esserne entrambi proprietari: si pensi a un immobile (il designato tetto coniugale) che viene acquistato da ambedue, e appartiene per metà a ciascuno di essi; o più semplicemente potranno cointestare l’immobile o qualsiasi altro bene.
Ovviamente, ricorrere alla separazione dei beni, non esenta né il marito né la moglie ad adempiere agli obblighi nascenti dal matrimonio.
Ciascuno dei due coniugi, in relazione alle proprie capacità, dovrà comunque contribuire materialmente ed economicamente, alle spese familiari (ai bisogni della famiglia o dell’altro coniuge), così come definito nell’articolo 143 c.c., dovrà inoltre anche mantenere, con le proprie sostanze, i figli ai sensi dell’articolo 147 c.c..
La separazione dei beni è quindi una scelta del regime patrimoniale tra i coniugi, attuabile ai fini delle loro esigenze.
Questa scelta, non deve essere tradotta in mere ed egoistiche ragioni come quella restare ancorati ai propri possedimenti, bensì come un’utile scelta in determinati casi: si pensi, ad esempio, a un’attività commerciale in crisi oppure un’azienda a rischio di fallimento che appartiene al marito o alla moglie, la separazione dei beni fa sì che i creditori non aggrediscano i beni dell’altro coniuge(essendo beni separati e non in comune) e quindi consente di salvare almeno uno dei due patrimoni.
Cosa sono la comunione convenzionale e il fondo patrimoniale
Per chiarezza espositiva, si possono citare altri due strumenti ai quali ricorrere al fine di regolare i rapporti patrimoniali tra i coniugi;
· Comunione convenzionale: consente che, gli sposi, con esplicite dichiarazioni inserite nell’atto di matrimonio, possano decidere di fare alcune deroghe al puro regime di comunione dei beni, ad esempio inserire una parte dei beni personali all’interno della comunione.
· Fondo patrimoniale: ai sensi dell’articolo 167 e ss. c.c.i coniugi possono decidere di istituire, mediante atto pubblico, un apposito fondo patrimoniale ai fini di provvedere alle esigenze della famiglia. Di fatto, gli stessi creano un vincolo di destinazione di beni immobili, mobili registrati o titoli di credito al fine di fronteggiare i bisogni familiari.
Come faccio a conoscere il regime patrimoniale scelto? Basta chiedere un estratto dell’atto di matrimonio. Il certificato va richiesto nel comune dove è stato celebrato e quindi trascritto l’atto matrimonio. Conoscere il regime patrimoniale è una questione importante per gli eventuali creditori di uno dei coniugi per capire quali beni e in che misura possono essere aggrediti in vista di un’eventuale azione esecutiva.
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Dott.ssa Martina Cardia